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Un Bacio per le Regine
Morgan Rice


Un Trono per due Sorelle #6
L’immaginazione di Morgan Rice non ha limiti. In un’altra serie che promette di intrattenerci come le precedenti, UN TRONO PER DUE SORELLE ci presenta il racconto di due sorelle (Sofia e Kate), orfane, che lottano per sopravvivere nel mondo crudele ed esigente dell’orfanotrofio. Un successo immediato. Non vedo l’ora di mettere le mani sul secondo e terzo libro! Books and Movie Reviews (Roberto Mattos) La nuova serie epic fantasy #1 Bestseller scritta da Morgan Rice! In UN BACIO PER LE REGINE (Un trono per due sorelle – Libro Sei), è ora che Sofia diventi quello che è. È ora che guidi un esercito, che guidi una nazione, che venga allo scoperto e sia il comandante della più epica battaglia che il regno possa mai vedere. Il suo amore, Sebastian, resta imprigionato e condannato all’esecuzione. Si riuniranno in tempo?Kate si è finalmente liberate dal potere della strega ed è libera di diventare la guerriera che doveva essere. Le sue abilità verranno messe alla prova nella battaglia della sua vita, combattendo al fianco di sua sorella. Le due sorelle saranno in grado di salvarsi?La regina, furiosa con Rupert e Lady d’Angelica, lo esilia e condanna lei a morte. Ma loro potrebbero avere già un programma completamente diverso. E tutto questo converge in una battaglia epica che deciderà il futuro della corona – e il destino del regno – per sempre. UN BACIO PER LE REGINE (Un trono per due sorelle – Libro Sei) è il sesto libro di una stupefacente nuova serie fantasy, dilagante di amore, cuori spezzati, tragedia, azione, magia, stregoneria, destino e suspense da far battere il cuore. Un libro di cui è impossibile non girare le pagine, è pieno di personaggi che vi faranno innamorare, e di un mondo che non dimenticherete mai. Il settimo libro della serie è di prossima uscita. potente inizio per una serie produrrà una combinazione di esuberanti protagonisti e circostanze impegnative per coinvolgere pienamente non solo i giovani, ma anche gli adulti amanti del genere fantasy e che cercano storie epiche alimentate da potenti legami o inimicizie. Midwest Book Review (Diane Donovan)







UN BACIO PER LE REGINE



(UN TRONO PER DUE SORELLE – LIBRO 6)



MORGAN RICE



EDIZIONE ITALIANA

A CURA DI



ANNALISA LOVAT


Morgan Rice



Morgan Rice è l’autrice numero uno e campionessa d’incassi della serie epic fantasy L’ANELLO DELLO STREGONE che comprende diciassette libri; della serie campione d’incassi APPUNTI DI UN VAMPIRO che comprende dodici libri; della serie campione d’incassi LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA, un thriller post-apocalittico che comprende tre libri; della serie epic fantasy RE E STREGONI che comprende sei libri; della nuova serie epic fantasy DI CORONE E DI GLORIA che comprende 8 libri; e della nuova serie epic fantasy UN TRONO PER DUE SORELLE, che comprende sette libri (ed è in prosecuzione); e della nuova serie di fantascienza LE CRONACHE DELL’INVASIONE. I libri di Morgan sono disponibili in formato audio o cartaceo e ci sono traduzioni in 25 lingue.

TRAMUTATA (https://play.google.com/store/books/details/Morgan_Rice_Tramutata_Libro_1_in_I_Appunti_di_un_V?id=BofbAgAAQBAJ) (Libro #1 in Appunti di un Vampiro), ARENA UNO (https://play.google.com/store/books/details/Morgan_Rice_Arena_Uno_Mercanti_Di_Schiavi_Libro_1?id=5rZMBAAAQBAJ) (Libro #1 de La Trilogia della Sopravvivenza) e UN'IMPRESA DA EROI (https://play.google.com/store/books/details/Morgan_Rice_UN_IMPRESA_DA_EROI_Libro_1_in_L_Anello?id=a2GaAgAAQBAJ) (Libro#1 de L'Anello dello Stregone) e L'ASCESA DEI DRAGHI (https://play.google.com/store/books/details/Morgan_Rice_L_ascesa_dei_Draghi_Re_e_Stregoni_Libr?id=BIuvBgAAQBAJ)(Re e Stregoni—Libro #1) sono tutti scaricabili gratuitamente su Google Play!

Morgan ama ricevere i vostri messaggi e commenti, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.morganricebooks.com (http://www.morganricebooks.com/) per iscrivervi alla sua mailing list, ricevere un libro in omaggio, gadget gratuiti, scaricare l’app gratuita e vedere in esclusiva le ultime notizie. Connettetevi a Facebook e Twitter e tenetevi sintonizzati!


Cosa dicono di Morgan Rice



“Se pensavate che non ci fosse più alcuna ragione di vita dopo la fine della serie L’ANELLO DELLO STREGONE, vi sbagliavate. In L’ASCESA DEI DRAGHI Morgan Rice è arrivata a ciò che promette di essere un’altra brillante saga, immergendoci in un mondo fantastico fatto di troll e draghi, di valore, onore e coraggio, magia e fede nel proprio destino. Morgan è riuscita di nuovo a creare un forte insieme di personaggi che ci faranno tifare per loro pagina dopo pagina… Consigliato per la biblioteca permanente di tutti i lettori amanti dei fantasy ben scritti.”

--Books and Movie Reviews

Roberto Mattos



“Un fantasy pieno zeppo di azione che sicuramente verrà apprezzato dai fan dei precedenti romanzi di Morgan Rice insieme ai sostenitori di opere come il CICLO DELL’EREDITÀ di Christopher Paolini... Amanti del fantasy per ragazzi divoreranno quest'ultima opera della Rice e imploreranno di averne ancora.”

--The Wanderer, A Literary Journal (Parlando de L'Ascesa dei Draghi)



“Un meraviglioso fantasy nel quale si intrecciano elementi di mistero e intrigo. Un’impresa da eroi parla della presa di coraggio e della realizzazione di uno scopo di vita che porta alla crescita, alla maturità e all’eccellenza… Per quelli che cercano corpose avventure fantasy: qui i protagonisti, gli stratagemmi e l’azione forniscono un vigoroso insieme di incontri che ben si concentrano sull’evoluzione di Thor da ragazzino sognatore e giovane che affronta l’impossibile pur di sopravvivere… Solo l’inizio di ciò che promette di essere una serie epica per ragazzi.”

--Midwest Book Review (D. Donovan, eBook Reviewer)



“L’ANELLO DELLO STREGONE ha tutti gli ingredienti per un successo immediato: intrighi, complotti, mistero, cavalieri valorosi, storie d’amore che fioriscono e cuori spezzati, inganno e tradimento. Una storia che vi terrà incollati al libro per ore e sarà in grado di riscuotere l’interesse di persone di ogni età. Non può mancare sugli scaffali dei lettori di fantasy.”

--Books and Movie Reviews, Roberto Mattos



“In questo primo libro pieno zeppo d’azione della serie epica fantasy L’Anello dello Stregone (che conta attualmente 14 libri), la Rice presenta ai lettori il quattordicenne Thorgrin “Thor” McLeod, il cui sogno è quello di far parte della Legione d’Argento, i migliori cavalieri al servizio del re… Lo stile narrativo della Rice è solido e le premesse sono intriganti.”

--Publishers Weekly


Libri di Morgan Rice



LE CRONACHE DELL’INVASIONE

MESSAGGI DALLO SPAZIO (Libro #1)

L’ARRIVO (Libro #2)



COME FUNZIONA L’ACCIAIO

SOLO CHI LO MERITA (Libro #1)



UN TRONO PER DUE SORELLE

UN TRONO PER DUE SORELLE (Libro #1)

UNA CORTE DI LADRI (Libro #2)

UNA CANZONE PER GLI ORFANI (Libro #3)

UN LAMENTO FUNEBRE PER PRINCIPI (Libro #4)

UN GIOIELLO PER I REGNANTI (LIBRO #5)

UN BACIO PER LE REGINE (LIBRO #6)

UNA CORONA PER GLI ASSASSINI (Libro #7)



DI CORONE E DI GLORIA

SCHIAVA, GUERRIERA, REGINA (Libro #1)

FURFANTE, PRIGIONIERA, PRINCIPESSA (Libro #2)

CAVALIERE, EREDE, PRINCIPE (Libro #3)

RIBELLE, PEDINA, RE (Libro #4)

SOLDATO, FRATELLO, STREGONE (Libro #5)

EROINA, TRADITRICE, FIGLIA (Libro #6)

SOVRANA, RIVALE, ESILIATA (Libro #7)

VINCITORE, VINTO, FIGLIO (Libro #8)



RE E STREGONI

L’ASCESA DEI DRAGHI (Libro #1)

L’ASCESA DEL PRODE (Libro #2)

IL PESO DELL’ONORE (Libro #3)

LA FORGIA DEL VALORE (Libro #4)

IL REGNO DELLE OMBRE (Libro #5)

LA NOTTE DEI PRODI (Libro #6)



L’ANELLO DELLO STREGONE

UN’IMPRESA DA EROI (Libro #1)

LA MARCIA DEI RE (Libro #2)

DESTINO DI DRAGHI (Libro #3)

GRIDO D’ONORE (Libro #4)

VOTO DI GLORIA (Libro #5)

UN COMPITO DI VALORE (Libro #6)

RITO DI SPADE (Libro #7)

CONCESSIONE D’ARMI (Libro #8)

UN CIELO DI INCANTESIMI (Libro #9)

UN MARE DI SCUDI (Libro #10)

REGNO D’ACCIAIO (Libro #11)

LA TERRA DEL FUOCO (Libro #12)

LA LEGGE DELLE REGINE (Libro #13)

GIURAMENTO FRATERNO (Libro #14)

SOGNO DA MORTALI (Libro #15)

GIOSTRA DI CAVALIERI (Libro #16)

IL DONO DELLA BATTAGLIA (Libro #17)



LA TRILOGIA DELLA SOPRAVVIVENZA

ARENA UNO: MERCANTI DI SCHIAVI (Libro #1)

ARENA DUE (Libro #2)

ARENA TRE (Libro #3)



VAMPIRO, CADUTO

PRIMA DELL’ALBA (Libro #1)



APPUNTI DI UN VAMPIRO

TRAMUTATA (Libro #1)

AMATA (Libro #2)

TRADITA (Libro #3)

DESTINATA (Libro #4)

DESIDERATA (Libro #5)

PROMESSA (Libro #6)

SPOSA (Libro #7)

TROVATA (Libro #8)

RISORTA (Libro #9)

BRAMATA (Libro #10)

PRESCELTA (Libro #11)

OSSESSIONATA (Libro #12)


Sapevate che ho scritto tantissime serie? Se non le avete lette tutte, cliccate sull’immagine qua sotto e scaricate il primo libro di una di esse!




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Copyright © 2018 by Morgan Rice. All rights reserved. Except as permitted under the U.S. Copyright Act of 1976, no part of this publication may be reproduced, distributed or transmitted in any form or by any means, or stored in a database or retrieval system, without the prior permission of the author. This ebook is licensed for your personal enjoyment only. This ebook may not be re-sold or given away to other people. If you would like to share this book with another person, please purchase an additional copy for each recipient. If you’re reading this book and did not purchase it, or it was not purchased for your use only, then please return it and purchase your own copy. Thank you for respecting the hard work of this author. This is a work of fiction. Names, characters, businesses, organizations, places, events, and incidents either are the product of the author’s imagination or are used fictionally. Any resemblance to actual persons, living or dead, is entirely coincidental.


INDICE



CAPITOLO UNO (#u00b5ad60-dbc2-5e16-86f9-3510b6d350ed)

CAPITOLO DUE (#u9df9cddb-9d3d-5cf1-bfde-7a1a4b185d5d)

CAPITOLO TRE (#u78926ef3-2bd6-5f3a-a589-26a0c024eb9a)

CAPITOLO QUATTRO (#ucb98a146-e0a5-5e33-b46d-46ebca1c22c4)

CAPITOLO CINQUE (#ue676ccd9-11fd-56da-b5c7-89e9468f93e9)

CAPITOLO SEI (#u2323925b-81e3-5c7a-b0e9-e2ea39663f8f)

CAPITOLO SETTE (#u1b4ee24f-ef0d-537e-af1f-d495935eb1fe)

CAPITOLO OTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO NOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DIECI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO UNDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DODICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TREDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUATTORDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO QUINDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO SEDICI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIASSETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO DICIANNOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTUNO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIDUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTITRÉ (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTIQUATTRO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTICINQUE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISEI (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTISETTE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTOTTO (#litres_trial_promo)

CAPITOLO VENTINOVE (#litres_trial_promo)

CAPITOLO TRENTA (#litres_trial_promo)




CAPITOLO UNO


Sebastian camminava di soppiatto attraverso Ashton, cauto come un cervo braccato, cercando di escogitare la mossa successiva. Era libero, ma la veritГ  era che non si fidava di quella situazione. Ancora gli sembrava una sorta di trucco. Le circostanze della sua fuga glielo facevano pensare.

Sebastian non le capiva ancora. Qualcuno aveva aperto la porta della sua cella e aveva ucciso tutte le guardie nella casa di cittГ  di Rupert, ma non si era preoccupato di pretenderne il merito. Non si era neppure annunciato. Sebastian si era aspettato che ci fosse un salvatore per quella parte della fuga. Invece stava percorrendo le vie di Ashton da solo.

Sgattaiolò tra Knotty Hill e lo Screws, dirigendosi lentamente verso il porto. Era cauto, e non solo per i soliti motivi per cui chi camminava per Ashton doveva essere cauto. Prima o poi Rupert avrebbe scoperto che lui non c’era e avrebbe mandato degli uomini a dargli la caccia.

“Dovrò essere sparito prima di allora,” disse Sebastian tra sé e sé. Quello era piuttosto ovvio.

Se avesse ancora avuto il favore di sua madre, sarebbe stata una questione diversa, ma dopo che era fuggito dal suo matrimonio, dubitava che sarebbe stata dell’umore giusto per aiutarlo. Inoltre, la verità era che voleva lasciare Ashton per un altro motivo: prima se ne andava e prima avrebbe raggiunto Ishjemme e Sofia.

“Arriverò da lei,” promise a se stesso. L’avrebbe raggiunta e sarebbe stato insieme a lei. Era questa la cosa che contava di più adesso.

Si diresse verso il porto, trovando una taverna e sistemandosi all’angolo, il bavero del mantello tirato su mentre cercava uomini che potessero essere scagnozzi di Rupert. Lo avevano già preso una volta mentre tentava di uscire dalla città, del resto.

“Cosa le posso portare?” gli chiese una donna che serviva.

Sebastian mise sul tavolo una piccola moneta presa dal borsello che qualcuno gli aveva lasciato insieme al mantello e un pugnale dalla doppia lama. “Cibo,” disse, “e informazioni. Ci sono delle navi che partono per Ishjemme?”

La donna prese la moneta. “Per il cibo posso fare. Per il resto, si sieda qui e resti in ascolto. I capitani passano di qui piuttosto spesso, con il molo.”

Sebastian aveva pensato che sarebbe andata così. Aveva però sperato di poter uscire da Ashton velocemente, anche se non poteva certo rischiare di uscire e andare in giro per il porto a chiedere di una nave. Era stato così che Rupert l’aveva beccato la volta scorsa. Doveva prendersi tempo. Doveva ascoltare.

Fece entrambe le cose, stando seduto lì e cercando di cogliere quello che poteva dalle conversazioni alla locanda, mentre mangiava un piatto di pane, formaggio e prosciutto stagionato. Gli uomini nell’angolo stavano parlando delle guerre dall’altra parte del Tagliacqua, che non sembravano più tanto distanti ora che il Nuovo Esercito aveva tentato di invadere. Un uomo e una donna stavano sussurrando, ma Sebastian poteva ben vedere dal loro aspetto che si stavano facendo promesse e decidendo una vita insieme. Questo lo fece pensare a Sofia. Altri stavano parlando di lavoro, o delle discussioni che c’erano state al porto. Nel tutto, però, un sussurro colse l’orecchio di Sebastian.

“La vedova…”

Sebastian si alzГІ e andГІ verso il marinaio che aveva parlato.

“Di cosa parlavi?” chiese. “Cosa stavi dicendo della vedova?”

Teneva la testa bassa, sperando che nessuno si accorgesse di chi lui fosse.

“Cosa vuoi?” gli chiese l’uomo.

Sebastian pensò rapidamente, facendo in modo che la sua voce assumesse lo stesso tono grezzo. “È tutto il giorno che sento il suo nome. Pensavo di avere finalmente trovato qualcuno che mi dicesse cos’è successo.”

L’uomo scrollò le spalle. “Beh, non verrai a sapere molto da me. Ciò che ho sentito è solo quello che sanno tutti: sta succedendo qualcosa su al palazzo. Ci sono chiacchiere sulla vedova, e ora tutto il posto è barricato. Mio fratello aveva una consegna lì, ed è rimasto incastrato per più di un’ora ad Arcoalto.”

“Grazie,” disse Sebastian allontanandosi dall’uomo e dirigendosi alla porta.

Di norma i possibili problemi a palazzo non avrebbero dovuto avere significato per lui. Avrebbe dovuto solo seguire il suo piano originario e trovare una barca per arrivare da Sofia il prima possibile. Qualsiasi cosa stesse accadendo con sua madre, non erano affari suoi.

Sebastian cercГІ di dire a se stesso tutto questo. Eppure i suoi piedi si trovarono a girare inesorabilmente in direzione del palazzo, portandolo a camminare sui ciottoli attraverso la cittГ .

“Sofia dovrà aspettare,” disse a se stesso, ma la verità era che ancora neanche sapeva se Sofia avesse giocato un ruolo nella sua fuga. Se così fosse stato, i suoi salvatori non si sarebbero forse fatti vedere? Poteva darsi che lei non sapesse che lui stava andando da lei, e in ogni caso, Sebastian poteva veramente andarsene senza neanche almeno sapere cosa stesse succedendo?

Si decise. Sarebbe andato al palazzo, avrebbe preso delle scorte e avrebbe capito cosa stava accadendo. Se l’avesse fatto silenziosamente, immaginava di poter essere fuori di lì prima che qualcuno se ne accorgesse, e in una condizione molto migliore per prendere la nave che gli serviva per andare a Ishjemme da Sofia. Annuì a se stesso, andando in direzione del palazzo e fermandosi poi per prendere una portantina che lo facesse arrivare lì più rapidamente. I portatori lo guardarono con aria scettica, ma non diedero voce a nessun dubbio dopo che lui ebbe gettato loro un paio di monete.

“Qui è abbastanza vicino,” disse Sebastian quando ebbero raggiunto una strada poco distante dal palazzo. Non poteva arrischiarsi ad entrare dalle porte principali, nel caso in cui gli scagnozzi di Rupert fossero lì. Sgattaiolò invece dietro, verso i cancelli del giardino. Lì c’era una guardia, sorprendentemente allerta, considerato che si trattava di un cancello minore. Sebastian lo guardò per un po’, poi fece cenno a un ragazzino di strada e gli porse una moneta.

“Per che cosa?” chiese il ragazzino con tono sospettoso. Sebastian non era certo di voler sapere cosa fosse successo per aver reso quel ragazzino così sospettoso degli sconosciuti.

“Voglio che vai a fare confusione con quella guardia. Fai in modo che ti insegua, ma non farti prendere. Pensi di poterlo fare?”

Il bambino annuì.

“Fai un buon lavoro, e ci sarà un’altra moneta qui per te,” promise Sebastian, quindi si alzò e si mise in attesa vicino a una soglia.

Non dovette aspettare molto. In meno di un minuto il ragazzino era lì a gettare fango verso la guardia. Un colpo raggiunse l’uomo sull’elmo, ricadendo sull’uniforme in un grosso spruzzo di terra umida.

“Ehi!” gridò la guardia, e si mise a correre dietro al monello.

Sebastian passò rapidamente nel varco, dirigendosi verso il cancello e da lì nei terreni del palazzo. Sperava che il ragazzino se la sarebbe cavata. Immaginava di sì, perché non c’erano monelli che vivessero a lungo nelle strade di Ashton senza essere capaci di correre.

Sebastian attraversò i giardini e si trovò a pensare alle passeggiate fatte lì con Sofia. Sarebbe presto stato di nuovo con lei. Forse Ishjemme aveva giardini che potevano rivaleggiare con la bellezza delle rose rampicanti che c’erano lì. Aveva intenzione di scoprirlo.

Il luogo era più silenzioso del solito. In una giornata normale, ci sarebbero stati servitori che correvano avanti e indietro, facendo giardinaggio o raccogliendo erbe e verdure per le cucine. Ci sarebbero stati nobili che facevano formali passeggiate, per esercizio o per l’opportunità di parlare di politica tra loro senza che altri sentissero, o come parte degli elaborati accenni e sottili mosse che costituivano il corteggiamento nel regno.

Invece i giardini erano vuoti, e Sebastian si trovò a scivolarvi attraverso e ad entrare nel palazzo da una porta laterale. I servitori lo fissarono e Sebastian continuò ad avanzare, non volendo le complicazioni che sarebbero emerse se qualcuno avesse parlato della sua presenza. Non voleva essere beccato a parlare all’intera corte: voleva solo sapere cosa stava accadendo e poi andarsene di nuovo, in modo meno intrusivo possibile.

Sebastian attraversò il palazzo, abbassandosi o tirandosi di lato ogni volta che pensava ci fosse una guardia di passaggio. Si diresse verso le sue stanze. Entrò e raccolse una spada e degli abiti, prendendo una borsa per riempirla con le provviste che potevano starci. Tornò nei corridoi del palazzo…

… e quasi immediatamente si trovò faccia a faccia con un servitore che iniziò a ritrarsi, il terrore dipinto in volto, come se pensasse che lui avrebbe potuto ucciderlo.

“Non ti preoccupare,” disse Sebastian. “Non ti farò del male. Sono qui solo per…”

“È qui!” gridò il servitore. “Il principe Sebastian è qui!”

Quasi subito fece seguito il rumore di passi che si avvicinavano. Sebastian si girГІ per scappare lungo il corridoio, correndo negli ambienti dove aveva camminato per buona parte della sua vita. AndГІ a destra, poi a sinistra, cercando di seminare gli uomini che ora gli stavano alle calcagna e gli gridavano di fermarsi.

C’erano altri uomini più avanti. Sebastian si guardò in giro, poi corse in una stanza lì vicino, sperando che potesse esserci almeno una porta comunicante o un posto per nascondersi. Non c’era.

Le guardie si affollarono nella stanza. Sebastian considerГІ le opzioni, pensГІ a come era stato picchiato dagli uomini di Rupert e sguainГІ la spada quasi di istinto.

“Metta giù la spada, altezza,” ordinò il capo delle guardie. C’erano uomini da entrambe le parti ora, e con sorpresa di Sebastian alcuni avevano anche i moschetti puntati. Quali uomini avrebbero rischiato la rabbia di sua madre minacciando uno dei suoi figli con una morte del genere? Normalmente non rischiavano così tanto. Era uno dei motivi per cui Rupert negli anni l’aveva fatta franca così spesso.

Sebastian però non era Rupert, e non era tanto sciocco da considerare l’idea di combattere contro un gruppo di uomini armati come quello. Abbassò la spada, ma non la lasciò cadere.

“Che significato ha tutto questo?” chiese. C’era qui una carta che poteva giocare e che non era proprio da lui, ma che probabilmente si poteva rivelare la sua migliore opzione per salvarsi. “Sono l’erede al trono di mia madre, e mi state minacciando. Abbassate subito le armi!”

“È per questo che l’hai fatto?” chiese il capo delle guardie con un tono che pareva trasmettere più odio di quanto Sebastian ne avesse sentito in vita sua. “Volevi essere l’erede?”

“È questo quello per cui ho fatto cosa?” ribatté Sebastian. “Cosa sta succedendo qui? quando mia madre verrà a saperlo…”

“Non ha senso fare la scena da innocente,” disse il capitano. “Sappiamo che sei stato tu ad assassinare la vedova.”

“Assassinare…” Fu come se il mondo si fermasse per un momento. Sebastian rimase fermo e a bocca aperta, la spada che gli cadeva dalle dita inermi come se lo shock lo avesse colpito. Qualcuno aveva assassinato la vedova? Sua madre era morta?

Il dolore si riversò in lui, il puro orrore di ciò che era successo lo riempì. Sua madre era morta? Non poteva essere. Era sempre stata lì, irremovibile come una roccia, e ora… era sparita, strappata via in un istante.

Subito gli uomini corsero ad afferrarlo e le mani si strinsero attorno alle sue braccia da entrambe le parti. Sebastian era troppo frastornato per poter anche solo lottare. Non ci poteva credere. Aveva pensato che sua madre sarebbe sopravvissuta a chiunque altro nel regno. L’aveva creduta così forte, così astuta che niente sarebbe mai riuscito a portarla alla fine. Ora qualcuno l’aveva assassinata.

No, non qualcuno. C’era solo una persona che poteva averlo fatto.

“È stato Rupert,” disse Sebastian. “È Rupert quello che…”

“Basta con le menzogne,” disse il capitano delle guardie. “Devo credere che sia una coincidenza che ti abbiamo trovato a correre armato per il palazzo subito dopo la morte di tua madre? Principe Sebastian della Casata di Flamberg, ti arresto per l’omicidio di tua madre. Portatelo in una delle torri, ragazzi. Immagino che vorranno processarlo per questo prima di giustiziarlo in quanto traditore.”




CAPITOLO DUE


Angelica sedeva composta nel salotto della casa di cittГ  di Rupert, perfettamente allestito con i fiori appoggiati alla mensola del caminetto, e ascoltava il panico del principe primogenito, cercando di non dare a vedere il proprio sdegno.

“L’ho uccisa!” gridava, allargando le braccia mentre camminava avanti e indietro. “L’ho davvero uccisa.”

“Gridalo un po’ più forte, mio caro principe,” disse Angelica, incapace di trattenere un briciolo dello sdegno che si sentiva scorrere dentro. “Penso ci siano delle persone nell’edificio attiguo che potrebbero non averti sentito.”

“Non ti prendere gioco di me!” disse Rupert indicandola. “Tu… sei stata tu a indurmi a questo.”

Un leggero tremito di paura sorse in Angelica a quelle parole. Non aveva alcun desiderio di essere il bersaglio della rabbia di Rupert.

“Eppure sei tu quello che è ricoperto del sangue della vedova,” disse Angelica con un leggero accenno di disgusto. Non per l’omicidio – quella vecchia se lo meritava – ma per la stupidità del suo futuro marito.

L’espressione di Rupert baluginò di rabbia, ma poi abbassò lo sguardo su se stesso come se vedesse per la prima volta il sangue sulla camicia che la macchiava di cremisi portandola in tinta con il soprabito. Poi l’espressione tornò ad essere distrutta. Strano, pensò Angelica, era possibile che avessero trovato una persona alla quale Rupert era pentito di aver fatto del male?

“Mi uccideranno per questo,” disse Rupert. “Ho ucciso mia madre. Ho attraversato il palazzo con il suo sangue addosso. La gente mi ha visto.”

Era probabile che metà Ashton lo avesse visto, dato il modo in cui aveva sicuramente camminato per le strade. La cosa migliore che si poteva dire era forse il fatto che si fosse tenuto un mantello avvolto attorno per quella parte del tragitto. Per quanto riguardava il resto… beh, Angelica se ne sarebbe occupata.

“Levati la camicia,” gli ordinò.

“Tu non mi dai ordini,” le disse Rupert girandosi verso di lei.

Angelica rimase ferma e impassibile, ma rese il tono di voce più gentile, cercando di calmare Rupert nel modo che ovviamente gradiva. “Levati la camicia, Rupert. Bisogna ripulirti.”

Rupert ubbidì e gettò lontano anche il soprabito. Angelica tamponò le macchie di sangue che restavano con un fazzoletto e un catino d’acqua, cancellando quello che poteva delle tracce della violenza. Fece suonare un campanellino e una servitrice si presentò con degli abiti puliti, portando via quelli vecchi.

“Ecco,” disse Angelica mentre Rupert si vestiva. “Non va già meglio?”

Con sua sorpresa Rupert scosse la testa. “Non cancella quello che è successo. Non cancella quello che vedo qua dentro, qua dentro!” disse colpendosi il lato della testa con il palmo della mano.

Angelica gli prese la mano e gli baciò delicatamente la fronte come una madre con un bambino. “Non devi farti del male. Sei troppo prezioso per me.”

Prezioso era una parola per descriverlo. Necessario poteva essere l’altra. Ad Angelica serviva Rupert vivo e in forma, almeno per ora. Lui era la chiave per aprirle le porte del potere, e doveva restare intatto per poterlo fare. Controllarlo si era rivelato molto semplice prima, ma tutto questo era… inaspettato.

“Mi perderai presto,” disse Rupert. “Quando scopriranno quello che ho fatto…”

“Rupert, non ti ho mai visto influenzato da una morte a questo modo,” disse Angelica. “Hai lottato in battaglia. Hai comandato eserciti che hanno ucciso migliaia di persone.”

Aveva anche combattuto e ucciso in cause molto meno necessarie, se era per quello. Aveva fatto del male a un bel po’ di gente in vita sua. Da quello che Angelica aveva sentito, aveva fatto cose che avrebbero fatto rivoltare lo stomaco ai più. Perché una morte in più doveva diventare un problema del genere.

“Questa era mia madre,” disse Rupert, come se questo spiegasse tutto. “Non era una paesana qualunque. Era mia madre, e la regina.”

“La madre che intendeva privarti del tuo diritto di nascita,” sottolineò Angelica. “La regina che intendeva esiliarti.”

“Lo stesso…” iniziò Rupert.

Angelica lo prese per le spalle, sperando di potergli infondere dentro, scuotendolo, un po’ di buon senso. “Non c’è nessun lo stesso,” gli disse. “Ti avrebbe portato via tutto. Aveva intenzione di distruggerti per dare tutto a suo figlio…”

“Sono io suo figlio!” gridò Rupert, spingendo indietro Angelica. Angelica sapeva che in quel momento avrebbe dovuto avere paura di lui, ma la verità era che non ne aveva. Per il momento almeno era lei quella che aveva il controllo di sé.

“Sì, è vero,” gli disse. “Suo figlio e il suo erede, e lei ha tentato di portarti via tutto. Ha cercato di darlo a qualcuno che ti avrebbe fatto del male. È stato praticamente un atto di autodifesa.”

Rupert scosse la testa. “La gente non… loro non la vedranno così. Quando verranno a sapere quello che ho fatto…”

“Perché dovrebbero venirlo a sapere?” chiese Angelica in tono perfettamente ragionevole, fingendo di non capire. Andò verso uno dei divani e si sedette prendendo un bicchiere di vino fresco. Fece cenno a Rupert di fare lo stesso, e lui bevve il suo a una velocità tale che sicuramente non gli permise di gustarlo.

“Di certo della gente mi avrà visto,” disse Rupert. “Capiranno da dove veniva il sangue.”

Angelica non avrebbe mai pensato che Rupert fosse tanto stupido. Pensava fosse uno sciocco, ovviamente, addirittura un pericoloso sciocco, ma non fino a questo punto.

“La gente la si può comprare, o uccidere,” disse. “Li si può distrarre con dei pettegolezzi, o addirittura persuadere che si sbagliavano. Ho della gente che sta ascoltando qualsiasi accenno di persone che ti possano parlare contro, e chiunque venga trovato verrà messo a tacere o sbeffeggiato come uno sciocco, in modo che sia ignorato.”

“Lo stesso,” iniziò Rupert.

“Eccotici di nuovo, amore mio,” disse Angelica. “Sei un uomo forte, un uomo sicuro. Perché ti stai mettendo in dubbio a questo modo?”

“Perché ci sono troppi modi in cui le cose potrebbero andare storte,” disse Rupert. “Non sono uno scemo. So cosa pensa la gente di me. Se iniziano i pettegolezzi, loro ci crederanno.”

“Allora farò in modo che non inizino,” disse Angelica, “o che venga trovato un bersaglio più comodo per questo.” Si protese a prendere una mano di Rupert tra le sue. “Quando ti sei portato a letto la figlia di qualche nobile in passato e l’hai trattata in modo troppo rude, ti sei per caso preoccupato della loro ira?”

Rupert scosse la testa. “Non ho mai…”

“La menzogna è il tuo primo strumento in questo,” disse Angelica con calma. Sapeva esattamente ciò che Rupert aveva fatto in passato, e a chi. Aveva fatto in modo che fosse affar suo venire a conoscere ogni minimo dettaglio in modo da essere capace di utilizzarlo se fosse stato necessario. Originariamente il piano era stato quello di distruggere il principe una volta sposato Sebastian, ma poteva tornare ugualmente utile adesso.

“Non capisco perché tu stia tirando fuori questo argomento,” disse Rupert. “Non ha importanza. È…”

“La distrazione è il tuo secondo,” disse Angelica. “Troveremo cose migliori su cui far concentrare la gente.”

Vide Rupert avvampare di rabbia.

“Sarò il tuo re,” rispose seccamente.

“E questo è il tuo terzo strumento,” sussurrò Angelica, spostandosi per baciarlo. “Sei al sicuro. Capisci, amore mio? O lo sarai. Il trucco adesso è sostenere la tua posizione.”

Osservò Rupert che iniziava visibilmente a rilassarsi mentre l’idea cominciava a far presa in lui. Per quanto uccidere sua madre lo avesse toccato profondamente, sapeva come cavarsela con qualsiasi cosa facesse. Dopotutto lo stava facendo da parecchio tempo. O forse era la prospettiva del potere a calmarlo, il pensiero di ciò che sarebbe venuto poi.

“Ho già parlato con i miei alleati,” disse Rupert.

“E ora è il momento di metterli in azione,” rispose Angelica. “Renderli parte di questo dall’inizio. La voce della morte della vedova sta già circolando in città, e verrà annunciata formalmente piuttosto presto. Le cose devono procedere rapidamente adesso.” Lo tirò in piedi. “Ogni genere di cose.”

“Quali cose?” chiese Rupert. Angelica finse di essere sorpresa.

“Il nostro matrimonio, Rupert,” disse. “Deve accadere prima che la gente abbia il tempo di discutere. Dobbiamo presentare loro un fronte stabile, una dinastia reale pronta a dar seguito.”

Rupert si mosse sorprendentemente veloce quando la afferrГІ per la gola, la rabbia che si impennava di nuovo con pericolosa rapiditГ .

“Non mi dire quello che devo fare,” le disse. “Ha cercato di farlo anche mia madre.”

“Io non sono tua madre,” rispose Angelica, cercando di non tremare per la forza della stretta. “Ma vorrei essere tua moglie prima che il giorno volga al termine. Pensavo che l’avessimo discusso, Rupert. Pensavo fosse quello che volevi.”

Rupert la lasciò andare. “Non lo so. Non … niente di questo era un mio piano.”

“No?” chiese Angelica. “Hai programmato di prendere il trono. Di certo sapevi quali sacrifici sarebbero stati necessari? Anche se mi piace pensare che sposarmi non sia tutto questo sforzo.”

Si allontanò da lui. “Se ti va, non è troppo tardi per sciogliere le cose. Dimmi di andarmene, e lascerò Ashton per andare nei possedimenti della mia famiglia. Scegli di aspettare, e aspetteremo. Ovviamente a quel punto non avresti la forza della mia famiglia, né i loro alleati. E non ci sarebbe nessuno ad aiutarti a contenere tutti quei… difficili pettegolezzi.”

“Mi stai minacciando?” chiese Rupert. Angelica sapeva quanto quello fosse un gioco pericoloso. Ma l’avrebbe giocato lo stesso, perché il vero gioco che stava facendo era molto più insidioso.

“Sto semplicemente sottolineando i vantaggi che otterrai facendolo, amore mio,” disse Angelica. “Sposami, e posso rendere le cose molto più semplici per te. È meglio farlo oggi che fra un mese. Se posso agire in qualità di tua moglie, ho un motivo per proteggerti dal mondo.”

Rupert rimase fermo per diversi secondi assorto nei suoi pensieri, e per un momento Angelica pensГІ di poter aver sottovalutato il tutto. Che alla fine se ne potesse andare. Poi lo vide annuire. Un unico e deciso cenno della testa.

“Molto bene,” disse. “Se ti preme, lo faremo oggi. Ora vado a prendere una boccata d’aria e inizio a contattare i nostri alleati.”

Si girò e uscì. Angelica aveva più il sospetto che andasse a cercare del vino, piuttosto che alleati, ma questo non aveva importanza. Era probabilmente addirittura per loro beneficio. Presto sarebbero stati ai suoi piedi e avrebbero fatto tutto quello che lei voleva, inviando messaggi per conto di suo marito.

SuonГІ il campanello per chiamare una servitrice.

“Vedi che gli abiti che il principe Rupert stava indossando vengano bruciati,” disse alla ragazza che entrò. “Poi vammi a procurare una sacerdotessa della Dea Mascherata e invita i membri del concilio interno della vedova a un incontro a palazzo. Oh, e manda qualcuno dal mio sarto. Dovrebbe esserci un abito nuziale che mi aspetta, ormai.”

“Mia signora?” disse la ragazza.

“Non sto parlando abbastanza chiaramente?” chiese Angelica. “Il sarto. Vai.”

La ragazza andò. Era strano quanto la gente potesse essere stupida a volte. La servitrice aveva ovviamente dato per scontato che Angelica non avesse fatto alcun preparativo per il proprio matrimonio. Invece aveva inviato messaggi per l’allestimento non appena le era venuta l’idea di farsi sposare da Rupert. Era importante che questo assomigliasse il più possibile a un vero matrimonio, dato il brevissimo preavviso.

Era un peccato che non ci fosse la possibilità di fare una cerimonia più grande dopo, ma c’era un ovvio impedimento a questo: Rupert sarebbe stato già morto per quel momento.

Oggi le aveva mostrato la necessitГ  di questo piГ№ chiaramente di quanto Angelica avesse creduto possibile. Aveva pensato che Rupert fosse un uomo con il controllo di sГ©, come lei lo era di se stessa, e invece era mutevole come il vento. No, il piano che aveva approntato era quello da seguire. Avrebbe sposato Rupert questa sera, lo avrebbe ucciso la mattina dopo e sarebbe stata incoronata regina prima che il suo corpo venisse seppellito.

Ashton allora avrebbe avuto la regina di cui aveva bisogno. Angelica avrebbe governato e il regno sarebbe stato meglio. Tutto sarebbe andato per il verso giusto. Se lo sentiva.




CAPITOLO TRE


Sofia poteva solo aspettare mentre la flotta avanzava su Ashton. Mentre la sua flotta avanzava. Addirittura qui e ora, dopo tutto quello che era successo, era difficile convincersi di chi lei fosse. Ogni forma di vita sulla nave attorno a lei, ogni signore che inviava uomini, ogni pezzo di terra da cui provenivano, tutto era sotto la sua responsabilitГ .

“C’è un sacco di cui assumersi la responsabilità,” sussurrò Sofia a Sienne, e il gatto della foresta rispose facendo le fusa mentre si strusciava contro la sua gamba, ondeggiandole attorno impaziente.

C’erano state una miriade di navi a comporre la sua flotta quando avevano salpato da Ishjemme, ma da allora sempre più imbarcazioni si erano unite a loro, scendendo lungo le coste di Ishjemme o provenendo da piccole isole incontrate strada facendo. Alcune venivano addirittura dal regno della vedova, come se leali a lei nel supportarla in questo assalto.

C’erano così tanti soldati lì con lei adesso. Abbastanza soldati da poter forse vincere questa guerra. Abbastanza soldati per spazzare via Ashton dalla mappa, se lei l’avesse deciso.

AndrГ  tutto bene, le disse Lucas con il pensiero, ovviamente percependo il suo nervosismo.

Ci sarГ  gente che morirГ , rispose Sofia.

Ma sono qui perchГ© hanno scelto di farlo, ribattГ© Lucas. Le si avvicinГІ e le mise una mano sulla spalla. Onorali non gettando via queste vite, ma non sminuire ciГІ che offrono resistendo.

“Penso che sia una di quelle cose che sono più facili a dirsi che a farsi,” disse Sofia a voce alta. Automaticamente accarezzò Sienne in mezzo alle orecchie scompigliandogli il pelo.

“Può darsi,” ammise Lucas. Sembrava pronto per la guerra in un modo che Sofia non riusciva ad equiparare, una spada al fianco e le pistole pronte alla cintura. Sofia aveva l’impressione di avere un aspetto incredibilmente grosso e rotondo con il peso del bambino che aveva in grembo, disarmata e senza armatura come si trovava ora lì.

Ma non impreparata, le disse Lucas con il pensiero. Indicò con la mano la poppa della nave. “I nostri comandanti aspettano.”

Per lo più significava i suoi cugini e suo zio. Tenevano per le mani tutto questo come faceva lei, ma c’erano anche altri uomini: capi del clan e signori minori, uomini duri che comunque si inchinarono quando Sofia si avvicinò con suo fratello e il gatto della foresta al suo fianco.

“Siamo pronti?” chiese guardando verso suo zio e cercando di apparire come la regina di cui tutti loro avevano bisogno.

“Ci sono ancora delle decisioni da prendere,” disse Lord Skyddar. “Sappiamo quello che vogliamo, ma ora dobbiamo decidere i dettagli.”

“Cos c’è da decidere?” chiese suo cugino Ulf con il suo solito tono scherzoso. “Mettiamo insieme gli uomini, picchiamo contro le mura con i cannoni ed entriamo.”

“Questo spiega molto del modo in cui vai a caccia,” disse Frig, la sorella di Ulf, con un sorriso malizioso e quasi feroce. “Dovremmo accerchiare la città come un cappio, serrandoci attorno ad essa.”

“Dobbiamo prepararci a un assedio,” disse Hans, cauto come sempre.

Sembrava che ciascuno avesse la sua personale idea su come le cose dovessero procedere, e una parte di Sofia avrebbe voluto potersene stare indietro, lasciando tutto questo a gente che aveva una mente più saggia, più conoscenza della guerra. Ma sapeva di non poterlo fare, e che i suoi cugini avrebbero discusso per sempre se lei gliel’avesse permesso. Questo significava che l’unica soluzione era scegliere.

“Quando raggiungeremo la città?” chiese, tentando di pensare.

“Probabilmente al crepuscolo,” disse suo zio.

“Allora sarà troppo tardi per un semplice assalto,” disse lei, pensando al tempo che aveva passato nella città di notte. “Conosco le strade di Ashton. Fidatevi di me: se cerchiamo di percorrerle di notte, non andrà a finire bene.”

“Allora un assedio” disse Hans, apparentemente compiaciuto all’idea di quella prospettiva, o forse solo per l’idea che venisse scelto il suo piano.

Sofia scosse la testa. “Un assedio va a nuocere alle persone sbagliate e non aiuta quelle giuste. Le vecchie mura della città proteggono solo la parte interna, e può essere che la vedova faccia morire di fame i più poveri per tenere da mangiare per se stessa. Nel frattempo, ogni momento che aspettiamo, Sebastian sarebbe in pericolo.”

“E allora?” chiese suo zio. “Hai un piano, Sofia?”

“Attraccheremo davanti ad Ashton quando arriveremo,” disse. “Invieremo dei messaggi dicendo loro di arrendersi.”

“Non lo faranno,” disse Hans. “Neanche se offriamo loro clemenza.”

Sofia scosse la testa. Questo lo sapeva bene. “La vedova non crederà che ci sia qualcuno con più misericordia di lei. Ma l’illusione che stiamo concedendo loro tempo per arrendersi, ci guadagnerà tempo perché metà dei nostri uomini possano andare dalla parte delle campagne. Prenderanno la periferia senza fare troppo rumore. La gente che vive lì non ha amore per la vedova.”

“Ne hanno allora per un invasore?” chiese Lucas.

Era una buona domanda, ma suo fratello aveva un certo intuito per fare buone domande.

“Lo spero,” disse Sofia. “Spero ricordino chi siamo, e come erano le cose prima della vedova.” Guardò verso Hans. “Tu guiderai le forze lì. Mi serve qualcuno che sappia tenere gli uomini sotto ferrea disciplina, senza che vadano a massacrare la gente comune.”

“Me ne occuperò,” la rassicurò Hans, e Sofia era certa che l’avrebbe fatto.

Sofia si girò verso Ulf e Frig. “Voi due prenderete un piccolo esercito e lo porterete vicino ai cancelli sul fiume. Se gli uomini inviati riusciranno ad entrare, li apriranno. Il vostro lavoro sarà di aiutarli a trattenerli fino a che il resto di noi potrà attaccare. La flotta principale approderà e noi entreremo sotto la copertura dei cannoni delle navi.”

Sembrava un buon piano. Almeno sperava che lo fosse. L’alternativa era condannare gli uomini sotto il suo commando alla morte.

Г€ un buon piano, disse Lucas inviandole un messaggio con il pensiero.

Spero solo che funzioni, rispose Sofia.

Una terza voce si unì a loro allora, provenendo dall’acqua del mare. Sì, funzionerà. Ne sono sicura.

Sofia si girò e vide un piccolo gruppo di navi che si avvicinavano. Avevano un aspetto non particolarmente rispettabile e assomigliavano a imbarcazione che potevano essere di prima scelta per mercenari o banditi. Però era la voce di sua sorella quella che proveniva da lì.

Kate? Sei qui?

Sì, sono qui, rispose lei. E ho portato con me la più malfamata compagnia libera che esista. Lord Cranston dice che sarà onorato di prestare servizio per te.

Quel pensiero rallegrò Sofia quasi quanto la presenza di sua sorella lì. Non erano solo gli uomini in più pronti a combattere, anche se Sofia avrebbe preso tutto quello che poteva in quel preciso istante. Era il fatto che sua sorella era tornata con la compagnia di soldati di cui aveva tanto amato essere parte e…

Will è lì? le chiese.

Sì, rispose Kate. Sofia poteva percepire la sua felicità. Ci vediamo presto, sorella mia. Risparmia qualche nemico per me.

Sono sicura che ce ne saranno a iosa.

“Sta arrivando Kate,” disse Sofia a Lucas.

“Lo so,” rispose suo fratello. “Ho sentito i suoi pensieri. Avevo pensato di dover aspettare fino al nostro ritorno per poterla finalmente conoscere.”

“E trovare poi i nostri genitori,” disse Sofia. Sapeva che non aveva senso pensare così in avanti ancora. Avrebbe dovuto concentrarsi sulla battaglia prossima a venire, ma era quasi impossibile mantenere lì i suoi pensieri. Era troppo occupata a pensare a ciò che sarebbe potuto succedere da lì in poi. Avrebbe riavuto indietro Sebastian. Avrebbe liberato il popolo della vedova dal peso schiacciante del suo governo. Avrebbero trovato i loro genitori.

“Kate sarà entusiasta quanto noi di trovare i nostri genitori,” disse Sofia. “Di più. Non sono sicura che abbia dei ricordi di loro a spingerla ad andare avanti.”

“Presto avremo noi tutti ben di più,” disse Lucas.

“Lo spero,” rispose Sofia. Però non riusciva a fare a meno di preoccuparsi. “Ce l’hai?”

Lucas annuì, ovviamente comprendendo ciò a cui alludeva. Tirò fuori il disco piatto fatto di fasce di metallo intrecciate e collegate, con le linee confuse che brillarono quando lo toccò. Quando anche Sofia pose la propria mano sul metallo, i segmenti del dispositivo si spostarono ruotando al loro posto, rivelando i contorni di appezzamenti di terra, dal regno della vedova fino a delle lontane forme che dovevano essere le Colonie Remote e le Terre delle Seta. Era fastidiosamente vicino a dire loro quello che avevano bisogno di sapere, solo che non c’era ancora nulla che dicesse loro dove si trovassero i loro genitori. Sofia immaginava che l’avrebbero scoperto quando Kate si fosse unita a loro. Lo sperava.

“Tieni il dispositivo al sicuro,” gli disse Sofia. “Se lo perdiamo…”

Lucas annuì. “L’ho protetto fino ad ora. Ma sono più preoccupato di tenere al sicuro te e Kate.”

Sofia non ci aveva pensato in quei termini. Tutti e tre stavano per dirigersi nel mezzo di una battaglia. Se anche uno di loro ci fosse morto, non avrebbero mai trovato i loro genitori. Sarebbe stato un colpo doppio: perdere la promessa di una madre e di un madre, mentre piangevano la morte di un fratello o di una sorella.

“Anche tu devi stare al sicuro,” disse Sofia. “E non lo sto dicendo solo perché voglio trovare i nostri genitori.”

“Lo so,” disse Lucas. “E farò tutto quello che posso. L’ufficiale Ko mi ha allenato bene.”

“E Kate ha imparato un sacco dalla strega che ha tentato di impossessarsi di lei,” disse Sofia.

“Se è potente come quando stava per farmi fuori al palazzo, sono certo che starà benone,” disse Lucas. “La questione qui sei tu, Sofia. So che hai Sienne, ma sarai al sicuro nel mezzo della battaglia?”

“Non starò nel mezzo,” promise Sofia. Si mise una mano protettiva sulla pancia. “Ma farò tutto quello che serve per assicurarmi che mia figlia abbia un padre.”

“Ce l’avrà,” disse Lucas, e c’era qualcosa nella certezza con cui lo disse che indusse Sofia a voltarsi a guardarlo. Sapeva di aver visto accenni di certe cose nei suoi sogni. Si chiedeva se fosse successo anche a Lucas.

“Hai visto qualcosa?” gli chiese.

Lucas scosse la testa. “Ho un certo talento in questo, ma penso che tu ne abbia di più. Quello che ho visto per lo più per domani è sangue.”

Quello era piuttosto facile da vedere anche senza la magia che portava i sogni a entrambi. Sofia guardò ancora verso il mare, e ora poté scorgere una linea di terra all’orizzonte, il contorno di una città.

“Ashton,” disse. Le pareva una vita che non la vedeva.

La cittГ  si espandeva come una macchia sul paesaggio, i suoi edifici, le vastitГ  che si dipanavano oltre le mura. Parte della loro flotta si stava giГ  dividendo, con Hans che si portava ad approdare piГ№ lontano lungo la costa per prendere le periferie.

Gli altri si avvicinarono, le bandiere segnaletiche che sventolavano per coordinare i loro movimenti. Si ancorarono ben lontani dal raggio di tiro dei cannoni e calarono in acqua delle piccole barche, complete di messaggeri con la richiesta di resa. Sofia sapeva che Ulf e Frig stavano preparando le loro piccole barche per avvicinarsi di soppiatto alla cittГ  prima che iniziasse la battaglia, pronti ai cancelli del fiume, in attesa che si aprissero.

Sofia vide le navi in attesa, pronte per la guerra in risposta a qualsiasi messaggio le avesse raggiunte. Non sufficienti per fermare una flotta grande come la loro, non bloccate a riva a quel modo. Avvicinandosi, Sofia sentì le trombe che risuonavano e vide i fuochi segnaletici che venivano accesi.

GuardГІ oltre, verso il palazzo e il quartiere dei nobili. Sebastian era da qualche parte lГ  dentro, rinchiuso in una cella, in attesa di essere liberato.

“Potremmo ancora entrare alla carica, come vuole il cugino Ulf,” disse Lucas.

Sofia guardò il cielo. Il sole stava già calando, allungando le sue dita rosse attraverso l’orizzonte. Dovette sforzarsi di scuotere la testa. Era una delle cose più difficili che avesse mai fatto.

“Non possiamo rischiare un attacco notturno,” disse. “Dobbiamo attenerci al piano.”

“Allora attaccheremo all’alba,” disse Lucas.

Sofia annuì. All’alba tutto sarebbe stato determinato. Avrebbero visto se lei avrebbe riavuto indietro il regno della sua famiglia, insieme all’uomo che amava, o se sarebbero stati condannati a morte.

“Attaccheremo all’alba,” disse.




CAPITOLO QUATTRO


Kate stava in piedi con la brezza marina che le accarezzava il viso, sentendosi veramente libera per la prima volta da tempo immemore. Vedere Ashton che si avvicinava in lontananza le riportò ricordi della vita che aveva avuto lì in quanto Indesiderata, ma quei ricordi non le appartenevano più, e la rabbia che veniva insieme ad essi sembrava più un dolore sordo che qualcosa di fresco.

Sentì Lord Cranston avvicinarsi prima che le fosse vicino. Quel poco dei suoi poteri le era tornato. Quello era qualcosa di suo, non una cosa che le era stata data da Siobhan o dalla sua fontana.

“Attaccheremo all’alba, mio signore,” disse voltandosi.

Lord Cranston sorrise. “Un’ora tradizionale per un attacco, anche se non c’è alcun bisogno di chiamarmi così ora, Kate. Siamo coloro che hanno giurato di servirvi, vostra altezza.”

Vostra altezza. Kate sospettava che non si sarebbe mai abituata ad essere chiamata a quel modo. Soprattutto non dall’uomo che era stato il primo a darle un posto adatto per lei nel mondo.

“E non c’è davvero nessun bisogno di chiamare me così,” ribatté lei.

Lord Cranston fece un inchino da cortigiano in maniera davvero elegante. “È quello che sei ora, ma va bene, Kate. Facciamo finta di essere ancora al campo, dove tu stai imparando da me le tattiche?”

“Immagino di avere ancora un sacco da imparare,” disse Kate. Dubitava di essere arrivata ad imparare la metà di quello che Lord Cranston aveva da insegnarle, nel tempo che aveva trascorso nella sua compagnia.

“Oh, indubbiamente,” disse Lord Cranston, “quindi, ecco una lezione. Dimmi, nella storia di Ashton, come è stato preso tutto?”

Kate ci pensГІ. Non era un argomento che fosse giГ  stato affrontato dalle loro lezioni.

“Non lo so,” ammise.

“È stato fatto con il tradimento,” disse Lord Cranston contando le opzioni sulle sue dita. “È stato ottenuto conquistando il resto del regno, per cui non ha senso opporre resistenza. È stato fatto nel remoto passato per mezzo della magia.”

“E per mezzo della forza?” chiese Kate.

Lord Cranston scosse la testa. “Anche se un cannone potrebbe cambiare le cose, ovviamente.”

“Mia sorella ha un piano,” disse Kate.

“E sembra ben fatto,” disse Lord Cranston, “ma cosa succede ai piani nelle battaglie?”

Questo almeno Kate lo sapeva. “Si sfaldano.” Scrollò le spalle. “Allora è buona cosa che abbiamo la migliore delle compagnie libere che lavora con noi per andare a tappare i buchi.”

“Ed è una buona cosa che io abbia con me la ragazza che può sollevare le nebbie e spostarsi più veloce di qualsiasi altro uomo,” rispose Lord Cranston.

Kate doveva aver esitato un paio di secondo di troppo prima di rispondere.

“Cosa c’è?” chiese Lord Cranston.

“Mi sono separata dalla strega che mi aveva dato quel potere,” disse. “Io… non so quanto ne sia rimasto. Ho ancora qualche abilità nel leggere le menti, ma la velocità, la forza… sono sparite. Penso se ne sia andata anche quel genere di magia.”

Ne conosceva ancora la teoria, ne aveva ancora la sensazione dentro, ma i sentieri che vi portavano sembravano sepolti nell’interruzione della connessione con la fontana di Siobhan. Sembrava che ogni cosa avesse il suo prezzo, e questo era un prezzo che lei era intenzionata a pagare.

Almeno fintanto che non costasse loro tutte le loro vite.

Lord Cranston annuì. “Capisco. Sai ancora usare una spada?”

“Io… non ne sono sicura,” ammise Kate. Quella era stata una cosa che aveva imparato da Siobhan, dopotutto, eppure i ricordi del suo allenamento erano ancora lì, ancora freschi. Aveva ottenuto ciò che sapeva attraverso giorni di continua “morte” per mano di spiriti, ancora e ancora, senza sosta.

“Allora penso che dovremmo scoprirlo prima di una battaglia vera a propria, non credi?” suggerì Lord Cranston. Fece un passo indietro e si chinò in un formale inchino da duellante, gli occhi attentamente fissi su Kate, e sguainò la spada con un fruscio metallico.

“Con lame vive?” chiese Kate. “E se non ne avessi il controllo? E se…”

“La vita è piena di e se,” disse Lord Cranston. “La battaglia ancora di più. Non ti metterò alla prova con una spada da allenamento per scoprire che le tue abilità crollano quando c’è il rischio vero.”

Lo stesso sembrava un modo pericoloso per mettere alla prova le sue capacitГ . Non voleva fare del male a Lord Cranston per sbaglio.

“Sguaina la tua spada, Kate,” le disse.

Lei ubbidì con riluttanza, stringendo l’elsa in mano con fermezza. C’erano ancora dei resti di rune sulla lama, dove Siobhan le aveva incise, ma ora erano segni sbiaditi, quasi inesistenti, a meno che la luce non li mettesse in evidenza. Kate si mise in guardia.

Lord Cranston colpì all’istante, con tutta l’abilità e la violenza di un uomo più giovane. Kate parò a malapena in tempo.

“Ve l’ho detto,” disse. “Non ho la forza e la velocità di prima.”

“Allora devi trovare un modo per inventartele,” disse Lord Cranston, e immediatamente assestò un altro tiro diretto verso la sua testa. “La guerra è scorretta. Alla guerra non gliene frega niente se sei debole. Tutto ciò che importa è se vinci o no.”

Kate cedette terreno, tagliando d’angolo per evitare di restare schiacciata contro i parapetti della nave. Continuò a parare, tentando di proteggersi da un possibile massacro.

“Perché ti stai trattenendo,” chiese Lord Cranston. “Puoi ancora vedere ogni pensiero di attacco, no? Conosci ancora ogni mossa che può essere fatta con una spada, no? Se faccio la finta di Rensburg, sai che la risposta è...”

Fece una complessa doppia finta. Automaticamente Kate si spostГІ per bloccare la sua spada a metГ .

“Vedi, lo sai!” disse Lord Cranston. “Ora combatti, dannazione!”

AttaccГІ con una tale ferocia che tutto ciГІ che Kate potГ© fare fu di ribattere con tutte le sue abilitГ . GuardГІ i suoi pensieri meglio che potГ©, vedendo accenni dei movimenti che stavano per arrivare, schemi di attacco. Il suo corpo non aveva la velocitГ  di un tempo, ma sapeva ancora cosa fare, mettendo la lama dove doveva andare, colpendo e parando, disimpegnando e facendo pressione.

Kate prese la spada di Lord Cranston e sentì una leggera debolezza nella pressione mentre lui la presentava. Si mise a camminare in circolo, applicando più pressione, e la sua spada cadde sul ponte della nave. La spada di Kate scattò verso la gola dell’avversario… ma riuscì a fermarsi un secondo prima di andare a graffiargli la pelle.

Lui le sorrise. “Bene, Kate. Eccellente. Vedi, non hai bisogno di trucchetti da strega. Sei tu che hai imparato questo, e sei tu quella che farà il nemico a pezzi.”

Strinse poi la mano di Kate, da polso a polso, e Kate su sorpresa di sentire dei battiti di mani da sotto la nave. Si girò e vide altri membri della compagnia che guardavano come se lei e Lord Cranston fossero dei giocatori intenti ad intrattenerli. C’era anche Will con loro, sollevato quanto felice. Kate scese i gradini di corsa dal ponte di comando verso di lui, baciandolo non appena lo raggiunse.

Ovviamente quel gesto ottenne un diverso tipo di grido di esultazione da parte degli altri, e Kate si ritrasse rossa in volto.

“Basta così, pigroni, gridò Lord Cranston. “Se avete tempo per fare i guardoni, avete anche tempo per lavorare!”

Gli uomini lГ  attorno sbuffarono e proseguirono con i preparativi per la battaglia. Ma il momento era passato, e Kate non voleva rischiare di baciare di nuovo Will, in caso qualcuno di loro stesse ancora guardando.

“Ero così preoccupato per te,” disse Will indicando con un cenno del capo il punto in cui si trovava Lord Cranston. “Quando stavate combattendo, sembrava che stesse davvero tentando di ucciderti.”

“Era quello che mi serviva,” disse Kate scrollando le spalle. Non era certa di poterlo spiegare a Will. Lui si era unito alla compagnia di Lord Cranston, ma c’era sempre una parte di lui che voleva tornare indietro a lavorare alla forgia di suo padre. Si era unito a loro per l’occasione di vedere il mondo, per l’occasione di andare da qualche altra parte.

Per Kate era diverso. Aveva bisogno di spingersi negli spazi dove le cose non sembravano sicure, o dove non era certa di sentirsi viva. Non aveva la sensazione di poter gestire gli estremi del mondo se non poteva uscire a farlo direttamente. Lord Cranston la capiva, e l’aveva spinta proprio nel punto in cui era stata capace di mettersi alla prova.

“Lo stesso,” disse Will, “pensavo che ci sarebbe stato sangue sul ponte prima che finiste.”

Ma non c’è stato,” disse Kate. Lo abbracciò, semplicemente perché voleva farlo. Avrebbe voluto che ci fosse sufficiente riservatezza sulla barca per qualcosa in più. “Questa è la cosa importante.”

“E tu sei stata fantastica là sopra,” ammise Will. “Forse non dovremmo preoccuparci di attaccare domani, ma mandare te a combatterli uno a uno.”

Kate sorrise a quel pensiero. “Penso che potrebbe rivelarsi un po’ stancante dopo i primi. E poi vorresti perderti l’azione?”

Vide Will distogliere lo sguardo.

“Cosa c’è?” gli chiese, resistendo all’urgenza di leggergli nel pensiero per scoprirlo.

“Onestamente? Ho paura,” le disse. “Non importa quante battaglie combattiamo, non sembra mai diventare più facile. Ho paura per me stesso, per i miei amici, se i miei genitori verranno coinvolti in tutto questo… e ho paura per te.”

“Penso che abbiamo appena scoperto che non devi preoccuparti per me,” disse Kate.

“Sei migliore con la spada rispetto a chiunque altro io conosca,” confermò Will, “ma sono preoccupato lo stesso. E se ci fosse una spada che non vedi? E se ci fosse un moschetto che spara a caso? La guerra è un caos.”

Era vero, ma era ciò per cui a Kate piaceva. C’era qualcosa nel trovarsi nel cuore della battaglia che le dava senso in un modo diverso rispetto al resto del mondo. Ma non lo disse.

“Andrà tutto bene,” affermò invece. “Io starò bene. Tu lavorerai con l’artiglieria, non nel cuore dell’attacco. Sofia non permetterebbe mai alla sua gente di saccheggiare, o di attaccare gente comune, quindi i tuoi genitori saranno al sicuro. Andrà tutto bene.”

“Solo… stai attenta,” le disse Will. “Ci sono così tante cose che vorrei avere il tempo di dirti, e di fare con te, e…”

“Avremo tempo per tutto,” promise Kate. “Ora devo andare. Sai che Lord Cranston si irrita se ti distraggo dai tuoi doveri troppo a lungo.”

Will annuì, parve essere sul punto di baciarla di nuovo, ma non lo fece. Un’altra cosa che avrebbe dovuto attendere fino alla fine della battaglia. Kate lo guardò andare, e allungò quello che era rimasto del suo talento per cogliere i pensieri dei soldati presenti.

Sentì le loro paure e le loro preoccupazioni. Ogni uomo lì sapeva che il mondo avrebbe subito un’eruzione di violenza all’alba, e la maggior parte di loro si chiedeva se avrebbero superato interi quel caos. Alcuni pensavano agli amici, altri ai famigliari. Alcuni pensavano a una possibilità dopo l’altra, come se credessero che il pericolo che avevano davanti si sarebbe potuto evitare.

Kate non ne vedeva l’ora invece. In battaglia il mondo acquistava un certo senso.

“Domani ucciderò le persone che hanno fatto del male alla mia famiglia,” promise. “Li farò a pezzi e prenderò il trono per Sofia.”

Domani sarebbero entrati ad Ashton e si sarebbero ripresi tutto ciГІ che doveva essere loro di diritto.




CAPITOLO CINQUE


Dai gradini del tempio della Dea Mascherata, compostamente in piedi in cima alla scalinata, in attesa dell’inizio del funerale di sua madre, Rupert guardava il tramonto. Si allargava creando tante sfumature di rosso che gli ricordavano fin troppo il sangue che aveva lui stesso sparso. Non avrebbe dovuto preoccuparsene. Lui era più forte, lui era migliore. Lo stesso ogni occhiata alle sue mani gli riportava i ricordi del modo in cui il sangue di sua madre le aveva macchiate; ogni momento di silenzio riportava il ricordo dei suoi sussulti quando l’aveva pugnalata.

“Tu!” disse Rupert indicando uno dei sacerdoti minori che affollavano la stanza attorno all’ingresso. “Cosa preannuncia questo tramonto?”

“Sangue, vostra altezza. Un tramonto come questo significa sangue.”

Rupert fece un mezzo passo avanti, intenzionato a colpire l’uomo per la sua insolenza, ma Angelica era lì pronta a bloccarlo, la mano che gli sfiorava la pelle con l’accenno a una promessa che lui sperava di avere poi il tempo di vedere esaudita.

“Lascialo perdere,” gli disse. “Non sa niente. Nessuno sa niente, a meno che tu non glielo dica.”

“Ha detto sangue,” si lamentò Rupert. Il sangue di sua madre. Il dolore gli baluginava dentro. Aveva perso sua madre, e quel dolore era quasi una sorpresa per lui. Si era aspettato di non provare altro che sollievo per la sua morte, o forse gioia per avere finalmente il trono, e invece… Rupert si sentiva spezzato dentro, vuoto e colpevole in un modo di cui non aveva mai avuto esperienza prima d’ora.

“Per forza ha detto sangue,” rispose Angelica. “Ci sarà una battaglia domani. Qualsiasi sciocco potrebbe vedere sangue nel tramonto con le navi nemiche attraccate al largo della nostra costa.”

“Sì, tanti l’hanno visto,” disse Rupert. Indicò un altro uomo, uno scrivano che sembrava usare una sorta di complesso meccanismo per scarabocchiare calcoli su un pezzo di pergamena. “Tu, dimmi come andrà la battaglia domani!”

L’uomo sollevò lo sguardo, un’espressione selvaggia negli occhi. “I segni non sono buoni per il regno. Vostra maestà. Gli ingranaggi…”

Questa volta Rupert colpì, mandando a terra l’uomo con un violento calcio. Se non ci fosse stata Angelica a trattenerlo, avrebbe potuto continuare a prenderlo a calci fino a che non ne fosse rimasto nient’altro che un mucchietto di ossa rotte.

“Considera l’impressione che puoi dare, facendo una cosa del genere al funerale,” disse Angelica.

Almeno bastò a trattenere Rupert. “Non capisco perché i sacerdoti permettono a gente del genere di entrare nel tempio. Pensavo che uccidessero le streghe.”

“Forse è un segno che questi non hanno talento,” suggerì Angelica, “e che tu non dovresti ascoltarli.”

“Forse,” disse Rupert, ma ce n’erano stati altri. Sembrava che tutti avessero un’opinione sulla prossima battaglia. C’erano sufficienti veggenti al palazzo, sia reali che normalissimi nobili a cui piaceva indovinare guardando i tramonti o il volo degli uccelli.

In quel momento però questo funerale, il funerale di sua madre, era l’unica cosa che contava.

Apparentemente c’era chi non lo capiva. “Vostra altezza, vostra altezza!”

Rupert si girò verso l’uomo che veniva verso di lui correndo. Indossava un’uniforme da soldato e si inchinò davanti a lui.

“La forma corretta per rivolgersi a un re è �vostra maestà’,” disse Rupert.

“Vostra maestà, mi perdoni,” disse l’uomo. Si alzò dal suo inchino. “Ma ho un messaggio urgente!”

“Di cosa si tratta?” chiese Rupert. “Non vedi che sto partecipando al funerale di mia madre?”

“Mi perdoni, vostra… maestà,” disse l’uomo, correggendosi appena in tempo. “Ma i nostri generali richiedono la vostra presenza.”

Era ovvio. Scemi che non avevano capito come sconfiggere il Nuovo Esercito e che ora volevano guadagnare il suo favore mostrando quante idee avessero per gestire la minaccia che era arrivata.

“Verrò, o anche no, dopo il funerale,” disse Rupert.

“Mi hanno detto di sottolineare l’importanza della minaccia,” disse l’uomo, come se quelle parole potessero in qualche modo spingere Rupert in azione. Spingerlo a una qualche sorta di obbedienza.

“Ne deciderò io l’importanza,” disse Rupert. Al momento niente gli pareva importante confronto al funerale che si stava per svolgere. Per quanto gli interessava, che Ashton bruciasse: lui avrebbe sepolto sua madre.

“Sì, vostra maestà, ma…”

Rupert fermò l’uomo con uno sguardo. “I generali vogliono fare finta che tutto debba accadere ora,” disse. “Che non c’è un piano senza di me. Che c’è bisogno di me per difendere la città. Ho una risposta a questo: fate il vostro lavoro.”

“Vostra maestà?” disse il messaggero con un tono che fece venire voglia a Rupert di tirargli un pugno.

“Fa’ il tuo lavoro, soldato,” disse. “Questi uomini sostengono di essere i nostri migliori generali, ma non sanno organizzare la difesa di una città? Di’ loro che andrò da loro quando sarò pronto. Nel frattempo si arrangeranno. E ora va’, prima che perda la pazienza.”

L’uomo esitò un momento, poi si inchinò di nuovo. “Sì, vostra maestà.”

Se ne andГІ di corsa. Rupert lo guardГІ andare, poi si girГІ verso Angelica.

“Te ne stai in silenzio,” le disse. L’espressione di Angelica era completamente neutra. “Neanche tu sei d’accordo che seppellisca mia madre?”

Lei gli mise una mano sul braccio. “Penso che se hai bisogno di fare questa cosa, devi farla, ma non possiamo neanche trascurare i pericoli.”

“Quali pericoli?” chiese Rupert. “Abbiamo dei generali, no?”

“Generali che vengono da una dozzina di eserciti diversi, cuciti insieme per formare una forza unica,” sottolineò Angelica. “Non un paio che si accorderanno su chi è responsabile, senza che qualcuno altro predisponga una diversa strategia. La nostra flotta è troppo vicina alla città, le nostre mura sono rovine di antiche difese, e il nostro nemico è pericoloso.”

“Stai attenta,” la avvisò Rupert. Il suo dolore lo stava strozzando come un pugno, e l’unico modo che conosceva per reagire era la rabbia.

Angelica si spostò in avanti per baciarlo. “Sto attenta, amore io, mio re. Ci prenderemo il tempo per questo, ma presto dovrai dare loro direzioni, in modo da avere un regno da governare.”

“Che bruci,” disse Rupert di riflesso. “Che bruci tutto.”

“Potrai anche intenderlo sul serio adesso,” disse Angelica, “ma presto lo vorrai. E poi, beh, c’è il pericolo che non ti permettano di averlo.”

“Permettermi di avere la mia corona?” disse Rupert. “Sono re!”

“Tu sei l’erede,” disse Angelica, “e abbiamo costruito il tuo supporto nell’Assemblea dei Nobili, ma quel supporto potrebbe dissolversi se non stai attento. I generali che stai ignorando si chiederanno se uno di loro debba governare. I nobili faranno domande riguardo a un re che mette il proprio dolore davanti alla loro sicurezza.”

“E tu, Angelica?” chiese Rupert. “Cosa pensi? Tu sei leale?”

Le sue dita andarono quasi automaticamente all’elsa di un pugnale, sentendone la confortante presenza. Angelica mise la propria mano sulla sua.

“Penso di aver scelto il mio posto in questo,” disse, “ed è accanto a te. Ho inviato qualcuno a gestire parte della minaccia della flotta. Se una morte può rallentarci, può rallentare facilmente anche loro. Dopodiché potremo fare insieme tutto ciò che va fatto.”

“Insieme” disse Rupert prendendo la mano di Angelica.

“Sei pronto?” gli chiese lei.

Rupert annuì, anche se in quel momento il dolore dentro di lui era troppo forte per poter essere annullato. Non sarebbe mai stato pronto per il momento in cui avrebbe dovuto dire addio a sua madre.

Entrarono insieme nel tempio. Era stato allestito per un funerale di stato, con una fretta quasi inverosimile, con ricchi drappi di colori scuri che riempivano lo spazio all’interno, intervallati qua e là dallo stemma regale. I banchi del tempio erano pieni di partecipanti al lutto, tutti i nobili di Ashton e dei dintorni, fino a miglia di distanza, insieme a mercanti e soldati, chierici e altri. Rupert se ne era premurato.

“Sono tutti qui,” disse guardandosi attorno.

“Tutti quelli che avrebbero dovuto venire,” rispose Angelica.

“Quelli che non ci sono, si possono considerare traditori,” disse seccamente Rupert. “Li farò trovare e uccidere.”

“Certo,” rispose Angelica, “dopo l’invasione però.”

Gli pareva strano aver trovato qualcuno che fosse così prontamente d’accordo con tutte le cose che si dovevano fare. A suo modo era spietata quanto lui, bella e intelligente. Anche lei era lì per questo, in piedi accanto a lui con l’abilità di far apparire squisito il suo abito nero, pronta a sostenere Rupert mentre avanzava nel tempio, verso il punto in cui si trovava la bara di sua madre, in attesa di essere sotterrata, la corona posta al di sopra.

Un coro iniziò a cantare un requiem mentre loro avanzavano, e l’alta sacerdotessa innalzò le sue preghiere alla dea. Niente di tutto ciò era originale. Non ce n’era stato il tempo. Lo stesso Rupert voleva assoldare un compositore non appena tutto questo fosse finito. Avrebbe fatto costruire statue per sua madre. Avrebbe…

“Ci siamo,” disse Angelica, guidandolo verso il suo posto a sedere, in prima fila. C’era posto a sufficienza lì, nonostante la folla presente nell’edificio. Forse i guardiani che si trovavano lì centravano qualcosa.

“Siamo qui riuniti per fare da testimoni alla morte di una grande figura tra noi,” disse l’alta sacerdotessa quando Rupert ebbe preso posto. “La vedova regina Mary della Casata di Flamberg è andata dietro alla maschera della morte, tra le braccia della dea. Piangiamo la sua morte.”

Rupert la piangeva, il dolore saliva in lui mentre la sacerdotessa parlava di come sua madre fosse stata una grande sovrana, di quanto fosse stato importante il suo ruolo nell’unire il regno. L’anziana sacerdotessa fece un lungo sermone sulle virtù che si trovavano nei testi sacri e che sua madre aveva incarnato, poi uomini e donne iniziarono a farsi avanti per parlare della sua grandezza, della sua cortesia, della sua umiltà.

“È come se stessero parlando di qualcun altro,” sussurrò Rupert ad Angelica.

“È il genere di cose che ci si aspetta dicano a un funerale,” rispose lei.

Rupert scosse la testa. “No, non è giusto. Non è giusto.”

Si alzò e andò davanti a tutti, senza curarsi di qualche signore già impegnato nel parlare di quella volta che aveva conosciuto la vedova e intessendo il racconto con grandi elogi. L’uomo si fece indietro e rimase in silenzio quando Rupert si avvicinò.

“State tutti dicendo delle sciocchezze,” disse Rupert, la voce che usciva facilmente. “State parlando di mia madre e ignorate chi fosse veramente! Dite che era buona, e gentile, e generosa? Non era niente di queste cose! Era dura. Era spietata. Sapeva essere crudele.” Fece un gesto con la mano indicando i presenti. “C’è qui qualcuno a cui non abbia fatto del male? A me ne ha fatto abbastanza. Mi trattava come se non fossi minimamente degno di essere neanche suo figlio.”

PotГ© sentire i sussurri tra la gente presente. Che sussurrassero. Lui era il loro re ora. Quello che pensavano non contava.

“Però era forte,” disse. “È grazie a lei se avete un paese. Grazie a lei se i traditori di questa terra sono stati cacciati, e la loro magia soppressa.”

Gli venne in mente un pensiero.

“Io sarò ugualmente forte. Farò quello che serve fare.”

Andò alla bara e prese la corona. Pensò a quello che Angelica aveva detto dell’Assemblea dei Nobili, come se lui avesse bisogno del loro permesso. La prese e se la mise in testa, ignorando i sussulti dei presenti.

“Seppelliremo mia madre come la persona che era,” disse Rupert, “non secondo le vostre bugie! Lo ordino, in quanto vostro re!”

Angelica corse da lui e gli prese la mano. “Rupert, stai bene?”

“Sto bene,” rispose di scatto. Un altro impulso lo travolse mentre guardava la folla. “Conoscete tutti Milady d’Angelica,” disse. “Bene, ho un annuncio per voi. Questa sera la prenderò in moglie. Siete tutti tenuti a partecipare. Chiunque non lo faccia, verrà impiccato.”

Questa volta non ci fu nessun sussulto. Forse perché non potevano essere più scioccati di così. Forse avevano già capito tutto. Rupert si avvicinò alla bara.

“Ecco, madre,” disse. “Ho la tua corona. Mi sto per sposare e domani salverò il tuo regno. Ti basta? Sì?”

Parte di Rupert si aspettava una risposta, un segno. Non ci fu nulla. Nient’altro che il silenzio della folla che guardava, e il profondo senso di colpa che in qualche modo ancora si insinuava sempre più a fondo in lui.




CAPITOLO SEI


Dal balcone di una casa a Carrick, il Maestro dei Corvi guardava i suoi eserciti che si riunivano, osservandoli attraverso gli occhi delle sue creature. Sorrideva tra sГ© e sГ© nel frattempo, pervaso da un senso di soddisfazione.

“I pezzi sono al loro posto,” disse mentre i suoi corvi gli mostravano le navi in raccolta, i difensori che accorrevano a costruire barricate. “Ora è giunto il momento di guardarli cadere.”

Il tramonto color sangue andava a braccetto con il suo umore oggi, come anche le grida che provenivano dal cortile sotto al suo balcone. Le esecuzioni del giorno stavano procedendo a ritmo serrato: due uomini continuavano a tentare di fuggire, un potenziale ladro e una moglie che aveva pugnalato suo marito. Stavano legati a dei pali mentre gli aguzzini lavoravano con spade e funi per strangolare.

I corvi discesero su di loro. C’era probabilmente chi credeva che lui godesse della violenza di quei momenti. La verità era che non gli importava proprio. La cosa che contava era solo il potere che tali morti gli portavano attraverso i suoi animali.

Il Maestro dei Corvi si guardò attorno osservando i comandanti che aspettavano istruzioni da lui, vedendo se qualcuno tremasse o distogliesse lo sguardo dalle scene sottostanti. La maggior parte non lo fece, perché avevano imparato ciò che li aspettava. Un giovane ufficiale però deglutì mentre guardava. Probabilmente avrebbe dovuto tenerlo d’occhio.

Per un momento o due il Maestro dei Corvi riportò la sua attenzione alle creature che sorvolavano Ashton. Mentre ruotavano e sfrecciavano, gli mostravano la distesa della flotta in avanzata, la forza distaccata che cercava di approdare più lontano lungo la costa. Un corvo su un muro gli mostrò un gruppo di uomini di Ishjemme con abiti da mercanti che aprivano un baule nascosto pieno di armi vicino al fiume. Una cornacchia vicino al cimitero della città udì degli uomini che parlavano di ritirarsi quando fosse sopraggiunto l’attacco, lasciando che i nobili si arrangiassero.

Sembrava una combinazione che avrebbe lasciato le sue bestiole a becco asciutto. Non poteva permetterlo.

“Abbiamo un compito da eseguire,” disse agli uomini che aspettavano quando ebbe riportato la sua attenzione a se stesso. “Seguitemi.”

Li condusse giù attraverso la casa, dando per scontato che gli altri lo stessero seguendo. I servitori si facevano da parte, felici di non essere in mezzo ai piedi mentre così tante persone potenti scendevano. Il Maestro dei Corvi poteva percepire il loro risentimento e la loro paura, ma non aveva importanza. Era solo l’inevitabile conseguenza del governare.

Nel cortile, le grida erano svanite tramutandosi in quel silenzio che solo la morte poteva portare. Anche la piГ№ silenziosa delle creature viventi portava con sГ© il minimo suono della respirazione, o la vibrazione di un cuore che batteva. Ora solo il gracchiare dei corvi spezzava il silenzio mentre i corpi pendevano inermi dai pali.

“Bisogna mantenere l’ordine,” disse il Maestro dei Corvi guardando verso l’ufficiale che aveva mostrato un accenno di disgusto. “Siamo una macchina composta di molti pezzi, e ciascuna parte deve giocare il suo ruolo. Ora che sono usciti dai loro confini, il ruolo di questi tre è di nutrire gli uccelli spazzini.”

Quelli stavano volando in grossi numeri ora, posizionandosi sui cadaveri ancora caldi e iniziando a banchettare. Il Maestro dei Corvi poteva già sentire il potere che iniziava a scorrere nel suo stormo grazie alle morti, insieme alle centinaia di altri che si trovavano in tutto l’impero del Nuovo Esercito nello stesso istante. C’erano addirittura alcuni dei suoi uccelli che stavano mangiando nel regno della vedova.

È ora di prendere il controllo,” disse, risucchiando quel potere e tracciando delle linee argentate di conseguenza all’interno della sua mente. Ciascuna di esse rappresentava una possibilità, una scelta. Il Maestro dei Corvi non aveva modo di sapere quale si sarebbe realizzata: lui non era la donna della fontana, né un vero veggente. Però poteva vedere abbastanza da sapere dove andare a esercitare la sua influenza. Dove andare a spingere per gli effetti che desiderava.

Protese i suoi poteri verso gli uccelli svolazzanti attorno ad Ashton. La sua mente cercГІ i punti in cui alcune parole ben piazzate avrebbero potuto sortire un buon effetto, e corvidi di ogni genere vennero dal cielo per gracchiarle.

Un corvo atterrГІ vicino al comandante della guardia della cittГ  di Ashton, i suoi occhi neri fissi su di lui.

“Settentrionali sul fiume,” gracchiò mentre il Maestro dei Corvi pronunciava le parole. “Settentrionali sul fiume, mascherati da mercanti.”

Decise di non aspettare per guardare lo shock dell’uomo mentre tentava di comprendere il senso di ciò che stava accadendo. Invece il Maestro dei Corvi spostò la propria attenzione verso un corvo nel cimitero, facendolo atterrare su una lapide vicino a dove si trovavano i cospiratori che progettavano di fuggire.

“Siate coraggiosi,” gracchiò l’uccello. “Vi stanno sorvegliando.”

Per equilibrare la cosa, inviò un altro uccello vicino a uno dei muri principali, e gli fece pronunciare una premonizione di morte. Riuscì a intessere coraggio e codardia, diede degli slanci e raccontò bugie, intrecciando il tutto in un incantesimo di cose note del tutto o per metà.

Non tutti gli uccelli ebbero successo. Inviò un uccello nero verso la finestra del principe Rupert, ma la trovò sbarrata. Mandò un corvo verso le navi che aspettavano nel porto, lo fece ruotare basso attorno all’ammiraglia di Ishjemme, ma colse l’attenzione di un giovane che sollevò lo sguardo. Il Maestro dei Corvi conosceva quel giovane. Era quello che l’aveva ferito con una lama a Ishjemme. Ora fissava l’uccello e la sua mano andò alla cintura, da dove estrasse una pistola con velocità inumana…

“Dannazione!” ringhiò il Maestro dei Corvi mentre ritraeva di scatto l’attenzione dall’uccello appena in tempo.

Lasciò stare la flotta degli invasori. Concentrò invece la propria attenzione sulla città, trovando piccole cose che potessero dare o prendere il coraggio alle persone, che potessero alimentare la loro rabbia o renderli negligenti. Fece rubare da una gazza l’anello nuziale di una donna che lavava dei bicchieri, poi lo fece cadere ai piedi del soldato con cui era sposata. Non c’era dubbio che l’uomo avrebbe trascorso la battaglia chiedendosi perché non ce l’avesse al dito, e se lui dovesse piuttosto stare a casa. Fece sollevare una candela accesa a un corvo, che la lasciò cadere in mezzo a un gruppo di edifici abbandonati dove le fiamme fecero subito presa.

“Lasciamo che decidano se vogliono salvare le loro case dagli invasori o dal fuoco,” disse.

C’erano cento altri uccelli intenti in cento altre commissioni, ciascuno che impiegava un briciolo di potere, ma tutti un investimento nel caos che ne sarebbe scaturito. Alcuni parlavano con i soldati, altri a uomini e donne che aveva inviato per quel momento, quelli che stavano a raccontare storie degli orrori di Ishjemme a coloro che le ascoltavano, o che suggerivano una ribellione sanguinaria contro la linea della vedova, o entrambe le cose.

Il Maestro dei Corvi prese una battaglia che sarebbe stata una facile vittoria per gli invasori e la trasformГІ in qualcosa di piГ№ complesso, piГ№ pericoloso e piГ№ letale.

Quando tornГІ a se stesso, stava sorridendo per quello che aveva ottenuto. Gli uomini pensavano ai grandi lavori di magia e pensavano ai simboli sui tomi antichi, eppure lui aveva appena eseguito qualcosa di molto piГ№ grandioso, e con molto meno. Si guardГІ attorno osservando i suoi ufficiali, sempre guardando con espressione diligente i corvi che beccavano i morti.

“Il nemico avrà la sua battaglia ad Ashton domani,” disse. “Sarà una cosa sanguinaria, con molti morti da entrambe le parti.”

Non poté trattenere una nota di soddisfazione a quel pensiero. Dopotutto lui era il motivo principale per cui così tanti sarebbero morti.

“Quando colpiremo, mio signore?” chiese uno dei comandanti della sua flotta. “Ha degli ordini per noi?”

“Sei desideroso di attaccare?” gli chiese il Maestro dei Corvi.

“Sì, mio signore,” disse l’uomo. Si batté un pugno sul petto. “Li voglio schiacciare per l’umiliazione che ci hanno inflitto l’ultima volta.”

“Anche io,” disse un generale. “Voglio che sappiano che il Nuovo Esercito è più forte.”

Seguì un coro di assenso, ogni uomo sembrava mirare con sempre maggior forza verso la battaglia, per mostrare quanto fosse impegnato nel riparare per il fallimento dell’attacco al regno della vedova. Forse era quello il punto. Forse tutti volevano mostrare di poter fare di meglio. Forse pensavano che ci fossero in ballo le loro pelli se avessero fallito di nuovo.

Non si sbagliavano del tutto in quella ipotesi. Lo stesso il Maestro dei Corvi alzò una mano per richiamare la calma. “Siate pazienti. Tornate ai vostri uomini e alle vostre navi. Assicuratevi che tutto sia pronto per un attacco. Vi dirò io quando sarà il momento.”

Se ne andarono in gruppo, ciascuno correndo a prepararsi. Il Maestro dei Corvi li lasciò andare. Per ora la sua attenzione era sulla tinta rosso sangue del tramonto e su ciò che lasciava presagire. Ci sarebbe stato sangue, un sacco di sangue la mattina dopo, non c’era dubbio. Grazie agli sforzi delle sue creature ci sarebbe stato un massacro di tale scala da trasformare in rosso il colore delle acque del fiume di Ashton. Le sue creature avrebbero banchettato.

“E quando avranno finito,” disse, “aggiungeremo al nostro impero quello che sarà rimasto.”




CAPITOLO SETTE


L’assassina Rose aspettò che fosse completamente buio prima di remare verso le navi in attesa nel porto, i remi avvolti in pezzi di stoffa per attutire i colpi negli scalmi. Era di aiuto che la luna fosse piena, e che lei avesse sempre visto bene al buio quando ce n’era bisogno. Questo significava che non le serviva una lanterna da ladro. Lo stesso la paura le scorreva dentro a ogni colpo di remi, e riusciva a tenerla a bada solo con un certo sforzo.

“Andrà tutto bene,” disse. “L’hai fatto centinaia di volte.”

Forse non proprio centinaia. Anche il migliore nella sua professione non poteva averne uccisi così tanti. Lei non era la mannaia di un qualche macellaio, inviata a fare a pezzi più uomini possibile in guerra. Lei era più come il coltello di un giardiniere, che tagliava dallo stelo solo quello che serviva.

“La metà dei soldati che ci sono lì avranno ucciso il doppio di me,” sussurrò, come se questo la giustificasse.

C’era sempre paura mentre lo faceva. Paura di essere scoperta. Paura che qualcosa andasse storto. Paura di poter acquisire il genere di consapevolezza che la potesse trattenere dal fare quello che era bravissima a fare.

“Non fino a questo punto,” sussurrò Rose.

Delicatamente guidГІ la barca in mezzo alle molte imbarcazioni. Non fu sorpresa di sentire una voce chiamare nella notte.

“Oi, chi c’è la sotto? Cosa vuoi?”

Rose vide un soldato appoggiato alla prua di una nave vicina con un arco in mano. Forse qualche stupido avrebbe tentato di remare per mettersi in salvo, prendendosi così una freccia nella schiena. Lei invece si prese un momento per pensare. Gli accenti erano un’abilità che aveva appreso nel tempo, quindi ne scelse ora uno adatto, non proprio di Ishjemme, ma quello più rude delle isole che si trovavano tra Ishjemme e la costa del regno. Quello era meglio. I soldati di Ishjemme di certo si conoscevano tra loro. Ma non potevano aspettarsi di conoscere tutti i loro alleati.

“Mi preparo per una battaglia, idiota. Tu, cosa stai facendo? Cerchi di svegliare tutta Ashton?”

“Ehi, beh, potresti essere chiunque!” gridò il soldato. “Poteva essere una barca piena di nemici, per quello che ne sapevo.”

“Ti sembro una barca piena di nemici?” ribatté Rose. “Ora posso andare avanti a consegnare i rapporti che devo portare? Sono ore ormai che vado in perlustrazione per la città. Non riuscivo neanche a trovare l’ammiraglia.”

Vide l’uomo indicare.

“Laggiù,” disse.

“Grazie.”

Rose era brava a fare finta di essere chi non era. Alcuni pensavano che gli assassini dovessero essere persone che potevano farsi strada in mezzo a un esercito, o scoccare una freccia da lontano. Le piacevano le storie come quelle. Significava che non andavano a cercare l’innocua figura vicino a loro, che aveva appena messo qualcosa nel loro vino.

“Non ci sarà l’occasione di farlo però questa volta,” disse tra sé e sé.

Non era certa che Milady d’Angelica avesse capito quello che le stava chiedendo quando l’aveva mandata a fare questa cosa. Francamente dubitava che alla nobildonna importasse. Eppure c’era una grossa differenza tra avvelenare un qualche rivale ad Ashton e intrufolarsi su una nave in mezzo a una flotta da battaglia.

Soprattutto una nave di cui si diceva che i conduttori avessero la magia.

Quella era la parte che la terrorizzava in tutto questo. Come si poteva scivolare a bordo di una nave quando la gente poteva leggere i pensieri omicidi che lei aveva in testa? Quando potevano percepirla arrivare e probabilmente inviare dei fantasmi che gridavano inseguendo la sua anima? Significava che la sua solita strategia di mascheramento e menzogna era fuori gioco, in tutto e per tutto.

“Dovrei remare fino al continente,” mormorò Rose. Che razza di idiota si metteva nel mezzo di una battaglia in quel modo, e per di più per scelta? Continuò ad avanzare in direzione dell’ammiraglia, però, almeno per tre ragioni.

Una era che veniva pagata bene per questo. Troppo per poterlo ignorare. Un’altra era che, qualsiasi fossero le sue abilità con un coltello e una freccia avvelenata, sospettava che Milady d’Angelica sarebbe stata un nemico pericoloso da avere. Il terzo… beh, il terzo era semplice: lei era brava in questa cosa.

Rose fermò la piccola barca poco distante dall’ammiraglia, in uno spazio dove sembrava solo un’ombra in più nel buio. Togliendosi i colori di Ishjemme per rivelare degli abiti neri al di sotto, scivolò nell’acqua della baia.

Il freddo le filtrò nel caldo del corpo, mentre cercava di non pensare a tutto il sudiciume che veniva riversato dai canali di scolo di Ashton per finire nel fiume e poi nel mare. Ignorò anche l’idea di altre cose che potevano esserci in acqua, gli squali e gli altri predatori che si sarebbero raccolti per fare razzia nella scia della battaglia. Magari la loro presenza sarebbe anche stata una cosa positiva, mascherando il suo intento omicida con il loro, davanti a ogni mente che stesse spiando pensieri.

Rose sgattaiolò avanti con remate silenziose, abbassando la testa ogni volta che pensava che qualcuno potesse guardare nella sua direzione, ignorando il puzzo dell’acqua di mare. Parve volerci un’eternità per arrivare vicino all’ammiraglia, che dondolava sull’acqua e che con il suo sciabordio sollevò uno schizzo contro di lei quando fu abbastanza vicina.

Finalmente le sue dita trovarono il legno dello scafo, cercando degli appigli nel modo in cui qualcun altro avrebbe fatto scalando una parete rocciosa. Rose si mosse lentamente, determinata a non produrre alcun suono, tentando addirittura di mettere a tacere i propri pensieri in modo che non la smascherassero davanti a qualcuno che possedesse il dono della magia e che si trovasse lì.

SollevГІ la testa abbastanza da vedere una vedetta che camminava lungo il ponte. Si abbassГІ e ascoltГІ il ritmo dei suoi passi, lasciando che passasse oltre. Poi rimase ancora ferma. AspettГІ che passasse altre due volte, imparando lo schema dello spostamento. Qualche sciocco si sarebbe lanciato di corsa sul ponte la prima volta, e sarebbe stato preso. Rose aveva imparato quando serviva essere pazienti.

La terza volta che la vedetta passò, Rose scivolò su e seguì l’uomo con un pezzo di spago che le penzolava dalla manica. L’uomo era più alto di lei, ma Rose ci era abituata. Gli mise il cavo attorno al collo in un istante, tirandolo con forza e spingendogli un ginocchio contro la schiena per portarlo a terra. L’uomo non ebbe tempo di gridare mentre lo spago affondava nella pelle. Gli sfuggì solo un breve sussulto.

Rose gettò il corpo dell’uomo in mare, tentando di farlo il più silenziosamente possibile. Era un peccato dover uccidere qualcuno che non fosse un suo bersaglio, ma il raggio di guardia dell’uomo aveva troppi pochi passi, troppi pochi spazi liberi nei quali lei sarebbe potuta scivolare al momento della fuga. Ripose il cordino. Non le sarebbe servito per quello che doveva fare adesso.

“Piano adesso,” sussurrò a se stessa mentre scendeva sottocoperta.

Poteva non avere la magia che si diceva avessero coloro che stavano qui, per scoprire i pensieri degli altri, ma aveva gli occhi per cogliere le ombre di funi arrotolate e armi riposte in ordine nel buio; orecchie per percepire il respiro degli uomini che dormivano, differenziando con cura coloro che erano profondamente addormentati da coloro che si sarebbero potuti svegliare se si fosse avvicinata troppo. Camminò in punta di piedi, tenendosi nell’ombra mentre passava vicino a spazi dove si trovavano i soldati comuni, e diretta invece verso il punto dove di certo si trovava il suo bersaglio.

Rose aprì in silenzio le porte nel buio, guardando le figure addormentate che si trovavano all’interno, cercando quella per cui era stata mandata. Trovò il suo bersaglio in una stanza contrassegnata dai colori di Ishjemme: la stanza di un capo, la stanza di un governatore. Aprì la porta silenziosamente.

Davanti a lei una candela brillava, rivelando Lars Skyddar seduto su una sedia con una spada appoggiata in grembo.

“Sei venuta per me,” disse.

Rose considerò le sue opzioni. Poteva scappare? Poteva fuggire da quella nave prima che quell’uomo chiamasse un’intera ciurma ad affrontarla?

“Come facevi a sapere che sarei arrivata?” chiese. “So di non aver fatto nessun rumore.”

“Molto tempo fa mi è stato detto che avrei affrontato la morte la notte prima della nostra più grandiosa battaglia, e che l’avrei dovuta affrontare da solo. Da quando sono arrivate le mie nipoti, ho saputo che questo momento sarebbe arrivato presto.”




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